Annamaria Gelmi nasce a Trento dove frequenta l’Istituto d’Arte, fondato e diretto da Bruno Colorio, per spostarsi poi a Milano all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove tra i suoi docenti figura anche Domenico Cantatore. Poco più che ventenne intraprende la carriera di insegnante di disegno e storia dell’arte negli istituti superiori di Trento, che la terrà occupata per circa 15 anni, riuscendo comunque a diplomarsi anche all’Accademia di Belle Arti di Venezia. La sua ricerca artistica si stacca ben presto dall’accademismo in direzione di una figurazione portata all’essenziale fino a diventare in seguito vera e propria astrazione geometrica.Nel 1968 partecipa per la prima volta ad una mostra collettiva dal titolo “Go Home”, allestita nella sala della Cgil di Bolzano, mentre nel 1970 organizza la sua prima mostra personale presso la Galleria Mirana di Trento. I primi critici che si occupano delle sue opere sono Umbro Apollonio, Silvio Branzi, Bruno D’Amore e Luigi Serravalli, con il quale stringerà un’importante amicizia e al quale dedicherà una pubblicazione nel 2012, in occasione del primo decennale dalla sua scomparsa, raccogliendo alcuni degli scritti del critico sul suo lavoro unitamente ad alcune lettere private indirizzatele dalla fine degli anni Sessanta alla fine degli anni Novanta. Le sue prime opere sono caratterizzate da figure femminili, spesso acefale e raffigurate in diverse posizioni, che emergono da sfondi monocromi essenziali. Proponendo un nuovo modello di essere femminile semplice, in contrapposizione con la donna costruita e strumentalizzata dalla società di quegli anni, Gelmi si fa partecipe delle ideologie femministe del momento.A metà degli anni Settanta abbandona il figurativo a favore di elementi geometrici essenziali iniziando una sperimentazione con materiali come il plexiglas e il metacrilato le cui trasparenze le permettono di scomporre luminosità e colore, creando giochi di luce ed ombra che partono dal piano a due dimensioni dei fogli di acetato fino al coinvolgimento di tutto lo spazio circostante. Un’importante mostra di questo periodo è “Il metacrilato nell’arte” presentata in catalogo da Carlo Giulio Argan. Nel 1977 le viene dedicato un capitolo del libro Oggetto Sessuale di Milena Milani (ed. Rusconi), mentre l’anno successivo si trasferisce a Murano per un breve periodo durante il quale lavora con i maestri vetrai realizzando sei lavori in vetro soffiato.Negli anni Ottanta si allontana dal lavoro minimalista, essenzialmente bianco e nero, per tornare al colore, ma in toni acquerellati molto più delicati che in precedenza. Il figurativismo astratto che caratterizza le opere di questo periodo vede come protagoniste delle forme architettoniche per lo più incomplete: gli ordini classici vengono disarticolati in frammenti che rappresentano immagini della memoria più che strutture finite. Da questo momento cambia anche il supporto dei suoi quadri, iniziando ad utilizzare la carta giapponese che colora ed applica sulla tela e che ancora oggi è caratteristica peculiare dei suoi lavori bidimensionali. Oltre a ciò, si dedica anche alla composizione di libri d’artista, uno dei quali viene presentato al Grand Canyon durante un soggiorno negli Stati Uniti, e alla decorazione murale dipingendo i soffitti della sede del Mediocredito Trentino Alto Adige di Trento e di due abitazioni private in Galleria degli Scudai a Trento e Arco, esperienza che riprenderà anche in una residenza privata a Miami nel 2012. Del 1981 è la sua mostra “Il museo e la sua immagine”, mentre del 1984 è l’importante antologica allestita dal Mart a Palazzo delle Albere a Trento, nella quale mette a confronto i plexiglas degli anni precedenti con le nuove architetture prodotte. In questo decennio scrivono di lei Flaminio Gualdoni, Marco Meneguzzo, Gabriella Belli e Danilo Eccher.Le sue architetture, caricandosi di colori più forti e spesso valorizzate anche dall’oro, si semplificano invece nella forma fino a diventare solo un richiamo simbolico negli anni Novanta. I labirinti diventano un mondo in cui l’uomo si perde, le porte e le soglie, il cui tema verrà poi ripreso dal filosofo Franco Rella, diventano il varco che separa diverse dimensioni. Il processo di essenzializzazione delle forme continua arrivando ai perimetri, porzioni di labirinti che spesso sono riconducibili a piante di chiese a croce latina o a croce greca. Anche nelle sculture in ferro, che a partire dalla metà del decennio sono arricchite da elementi in pietra, è evidente la ricerca di una spazialità in cui la figura dell’uomo non c’è quasi mai, ma in cui gli elementi creano un dialogo con l’ambiente circostante. Questa ricerca d’interazione, che ancora oggi è caratteristica dei lavori dell’artista, è ancor meglio percepibile nelle opere di grandi dimensioni, come Oltre il tempo, lavoro di cinque metri d’altezza, oggi fruibile nel giardino del Mart di Rovereto. Dopo un soggiorno studio della durata di un mese a Salisburgo nell’ambito dell’Arge Alp, a metà degli anni Novanta inizia il suo percorso sul tema delle montagne, intese come costruzioni architettoniche o immense sculture a cielo aperto. A questo proposito è da ricordare la sua partecipazione alla XLVI Biennale Internazionale d’Arte di Venezia del 1995 con il libro Skyline sulle Dolomiti. Nello stesso anno la mostra collaterale della Biennale “Memorie e Attese” a Villa di Strà. Del 1997 sono invece la sua mostra antologica presso la Galleria Civica di Trento con i testi critici di Claudio Cerritelli e Luigi Serravalli e quella al Museion Intercolumnie di Bolzano. Di questo periodo sono anche i libri d’artista Con gli haiku – brevi sonetti con un numero prefissato di sillabe – composti da poeti italiani e tedeschi tra cui: Edoardo Sanguineti, Carla Vasio, S Cigliana e Ulrich Grasnick, Andrea Zanzotto sempre fatti a mano a tiratura limitata (ed. Oro Lontano..).Dal 2000 presenta le sue opere su carta intelata e le installazioni in ferro nella Chiesa dei Ss. Giacomo e Filippo ad Andora, alla Facoltà di Teologia dell’Università di Innsbruck e all’Istituto Italiano di Cultura della stessa città austriaca. Con la mostra personale allestita al Castello di Pergine Valsugana dal titolo “Fuori luogo comune”, curata da Franco Batacchi nel 2006, l’artista comincia la sua produzione di fiori, sempre nel solco di una sua ormai assodata tradizione di essenzializzazione delle forme, che ancora oggi continua. Nel 2008 partecipa ad “Actions”, un evento collaterale di Manifesta 7 tenutasi a Trento e nello stesso anno viene invitata in Bangladesh dal Dipartimento di Scultura dell’Istituto di Belle Arti dell’Università Shanto-Mariam di Dhaka per un Workshop sull’arte. Durante questo viaggio Gelmi si cimenta anche con la fotografia, producendo un lavoro sul tema della pace dal titolo International Mother Language. Del 2010 sono invece la personale “Inarchitettura” al Castello di Rivara in provincia diTorino a cura di Franz Paludetto con catalogo a cura di Giorgio Verzotti e le partecipazioni alla Biennale di Scultura Internazionale a Racconigi a cura do l. Caramel. Nel 2011 partecipa alla Biennale Internazionale d’Arte di Roma a cuea di G. Porcella. Nello stesso anno lavora all’importante pubblicazione del libro Dolomiti-New York insieme alla fotografa Luisella Savorelli Gorza, idea nata a seguito di un viaggio delle due amiche nella Grande Mela, che sviluppa il tema della contrapposizione, ma nello stesso tempo del possibile accostamento, tra due entità apparentemente opposte quali lo skyline dei grattacieli newyorkesi e quello delle Dolomiti, tra il prodotto antropico culturale e la realtà naturale. Il volume sarà poi presentato anche in altre sedi internazionali come Monaco e Bruxelles. Altri due importanti eventi artistici degni di menzione a cui l’artista partecipa in questi anni sono il “Padiglione Tibet”, progetto parallelo alla LIV Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, curato da Ruggero Maggi, e un ritorno nel 2012 alla lavorazione del vetro con le opere create in vetrofusione ad Altare di Savona.E’ presente con l’ installazione “High Mountain” per l’inaugurazione del Muse di Trento. Nel 2013 partecipa a varie mostre tra cui: Graz, “Frage – Zeichen”, Universität Graz; Mestre, “Limite”, Galleria 3D, a cura di Adolfina De Stefani e Gaetano Salerno; Piegaro (PG), “Altare vetro Arte”, Museo del vetro di Piegaro; Benevento, “Viaggio immaginario – omaggio a Massimo Faccioli”, ARCOS Museo d-arte Contemporanea, a cura di Leo Faccioli e Massimo Pompeo; Rovere’ della Luna (TN) Croci Incroci catalogo ed Allemandi testi: P. Schiera, G. Larcher, A. Galizzi; Cavalese (Tn), “L’immagine terrestre”, Centro Arte Contemporanea, a cura di Elio Vanzo.Annamaria Gelmi vive e lavora a Trento e Milano, continuando le sue sperimentazioni nell’ambito dell’astrazione, ma caratterizzandola sempre da puntuali richiami chiaramente figurativi, come i fiori, le montagne o le croci, in una rielaborazione continua grazie all’esperienza di un intenso percorso artistico che dura da quasi quarant’anni.