Gabriela Carta è una donna di casa. Come tante donne della sua generazione, ha lasciato il lavoro (l’insegnamento) e l’università (le mancavano solo due esami e la tesi) per intraprendere il cammino tradizionale di moglie, padrona di casa e mamma. Per più di cinquant’anni ha dedicato la sua vita generosamente e modestamente alla famiglia, mettendosi da parte e spesso rinunciando ad avere una “voce”. A dire il vero, ha sempre avuto una voce, ma indirettamente: ha espresso la sua voce del canto. Gabriela ha cantato tutta la vita, traducendo e trasferendo le sue emozioni ed esigenze nei versi ufficiali di altri, specialmente nelle canzoni piene di passione e accoramento del passato e quelle del festival di Sanremo che ha cantato a squarciagola e a volte in sordina in casa, mentre faceva le sue faccende domestiche. Le canzoni di altri che cantava, le permettevano di esprimere quei bisogni e sentimenti che anche lei provava; questo stratagemma le permetteva di nascondersi e di dire e non dire. L’unico suo svago per così dire “egoistico” oltre al canto “domestico” è stata la lettura, che per lei è stata un rifugio e anche una fuga. A ottant’anni e in questo libro Gabriela comincia a condividere la sua esperienza e i suoi pensieri al di là delle mura domestiche.