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Monica Bizaj

Nasco nell’agosto del 1975, come secondogenita, a Gorizia, sul confine con l’attuale Slovenia ed abito da sempre a Monfalcone, la città delle navi da Crociera, cittadina cresciuta e vissuta all’ombra ed in funzione di Fincantieri – anche mio padre ci ha lavorato fino al pensionamento – e fin da adolescente ho avuto “una passione” viscerale per i diritti, facendo la rappresentante di classe durante le scuole superiori all’ITC Einaudi di Staranzano.
A 19 anni divento madre di Giada Alexia e mi dedico esclusivamente a lei nei 10 anni successivi, anni nei quali interrompo la convivenza con suo padre ed inizio a lavorare in una gelateria prima, e come segretaria dell’ex senatore Antonino Cuffaro, all’epoca segretario regionale del Partito dei Comunisti Italiani (PdCI), poi.
Mi affaccio al mondo penitenziario in qualità di moglie di detenuto nel 2005, in quel di Venezia, e quel primo approccio col carcere mi ha segnata per sempre; il senso di smarrimento totale provato il giorno del mio primo colloquio in carcere mi ha acceso una luce dentro, giurai a me stessa che avrei fatto tutto il possibile per fare in modo che nessun’altra moglie, o mamma, o figlia di detenuto si ritrovasse nel più totale smarrimento che provai sulla mia pelle, e decisi quindi di provare ad approfondire quanto sapevo sulle battaglie nonviolente di Marco Pannella, Rita Bernardini ed i radicali; iniziai così a tessere contatti e relazioni con questo mondo, perché non potevo e non volevo restare con le mani in mano, la mia coscienza esigeva non solo una presa di posizione su questo mondo ma anche fatti concreti, utili e funzionali ad un cambiamento.
Aprii quindi nel 2012 un gruppo Facebook dal nome DIRITTI UMANI DEI DETENUTI CALPESTATI DA UNO STATO ASSENTE, per cercare di fare un’informazione quanto più corretta possibile, lontana dalle fake news sul mondo giustizia/carcere che imperversavano dopo il messaggio alle Camere del Presidente Napolitano che invocò provvedimenti di clemenza, ed iniziai contemporaneamente a raccogliere segnalazioni di criticità all’interno degli Istituti penitenziari, che prontamente giravo inizialmente a Rita Bernardini stessa (e con la quale è nata una profonda amicizia), e poi direttamente ai Garanti delle persone private della libertà personale territorialmente competenti, che pian piano iniziavano a conoscermi ed avere stima del mio operato.
Negli stessi anni mi fu diagnosticata la sindrome fibromialgica, per cui potei dedicarmi totalmente all’attivismo, non essendo temporaneamente in grado di lavorare e passando quindi gran parte delle giornate a casa.
Dopo quasi un decennio di attivismo “da lupo solitario”, nei quali le conoscenze si ampliavano, una mattina di inizio agosto 2022, fui contattata da Micaela Tosato (che conoscevo per le donazioni di mascherine che, con il suo “L’intreccio Laboratorio”, aveva fatto durante il primo avvento della pandemia da Covid) che mi comunicava il suicidio di Donatela Hodo, nel carcere di Verona, e mi chiedeva di rendere nota, via social, la triste vicenda, in un anno infernale, il 2022, che ha visto oltre 80 suicidi ed attestandosi come un anno infernale per le carceri.
Pochissimi giorni dopo nasceva Sbarre di zucchero, con la consapevolezza di dovere e potere rendere concrete tutte le idee e proposte condivise negli anni di conoscenze social, con Micaela e tutti gli amici che si sono poi uniti a noi.
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